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ART LAB presenta lo spettacolo: "NO"

"NO" è un'opera teatrale ad ampio respiro che mira a rappresentare una storia fatta di azioni, emozioni e suggestioni che, se è vero che coinvolgono una piccola comunità, sono comunque in qualche maniera rappresentative di quelle che sono le diverse facce di quel prisma che chiameremo “umano”. Una drammaturgia dell'anima e del sogno che si narra e si materializza attraverso la messa in scena “dell'arte comportamentale”, inesorabilmente modellata dalle emozioni, le relazioni e l'ambiente circostante, così come un albero dal vento, una roccia dal ghiaccio, impercettibilmente, lentamente. Tutto avviene dentro un contenitore apparentemente spoglio e minimale ma curato nei minimi dettagli ed altamente simbolico, ove lo scenario e gli spazi vengono evocati, disegnati ed infine occupati dalla costante e contemporanea presenza di tutti gli attori, “abitanti” questo onirico “villaggio”, i quali snoderanno e sveleranno i propri pensieri, le proprie azioni e reazioni, definendo essi stessi i limiti fisici del proprio spazio scenico. L'opera si svolge in un grande “sotterraneo”, un paese fuori dal tempo e dallo spazio conosciuti, delimitato da una grande scatola nera di forma cubica e mancante del lato proscenio. L'albero stilizzato rappresenta l’unico oggetto reale insieme ad una linea che disegnerà la base delle aree-case. Queste aree sono: un rettangolo in fondo “la locanda del moro”, dei quadrati laterali “le case” e un quadrato al centro “la piazza”. La caratteristica scenografica di questo mondo sotterraneo sarà principalmente rappresentata dalla scarsa presenza di luce. Il quadrato al centro e i quadrati adiacenti al proscenio sono mancanti del lato corrispondente al proscenio stesso e gli attori, attraverso le loro azioni sceniche, i movimenti e le parole, descriveranno il proprio ambiente e i propri oggetti; infatti, essendo essi tutti e sempre visibili, pur nei momenti in cui non parteciperanno al quadro principale, saranno inevitabilmente e costantemente coinvolti nella scena. I “cittadini” vivono qui, in un labirinto cieco, svolgendo quotidianamente e sistematicamente le proprie medesime azioni. Tutti gli abitanti sono inconsapevolmente la forza motrice del tempo, prigionieri in un moto meccanico come fossero marionette, in realtà risulteranno essere più simili a degli automi in quanto, guidati dalla forza invisibile di un unico pensiero, saranno essi stessi a muovere ed alimentare loro malgrado, il meccanismo che li guida, generando e assecondando i “loop” sonori. Possiamo concludere dicendo che tale meccanismo infernale, come un metronomo, trae di fatto l'energia necessaria alla propria costante riproduzione, dalla intensità e dalla velocità dei movimenti degli attori. I personaggi sveleranno via via la loro comune insoddisfazione, il malcontento e le proprie frustrazioni e paure più intime, rivelando la vera essenza del “non luogo” ove sono costretti. Un limbo, un ricettacolo di reietti e perdenti uniti – per così dire – dal turbamento, schiavi della contemporanea ciclicità, inermi e disorientati, prigionieri della fissità del tempo e dello spazio. Ad accentuare la percezione di questa ciclicità, prescritta alla comprensione degli abitanti del villaggio, l'elemento di fissità a contrasto del movimento/video rappresentato in questo frangente dalla immobilità in scena degli attori, nell'intento di rafforzare l'idea di un destino già scritto. Tramite la valorizzazione dei diversi linguaggi artistici ed espressivi del teatro soprattutto, ma anche della musica e della videoarte, i personaggi sono guidati lungo un percorso poetico, narrativo ed rievocativo che ne svela tutti i risvolti, sia individuali che sociali.

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